L’ultima volta ci siamo visti a Roma nel 2017. Poi c’ è stata la pandemia, il post pandemia e tutto quello che ha comportato. Nonna Stella è ormai anziana e andiamo a trovarla in Eritrea, dove si è ritirata dopo una vita in Italia.
La sua storia è significativa. Comincia a lavorare a 9 anni, a 14 viene mandata in città, ad Asmara, a fare la bambinaia dai Tringali, una famiglia di imprenditori italiani che stanno facendo fortuna con l’estrazione dell’oro. Sono gli anni ‘40 e nel paese vive una numerosa comunità italiana.
Gran parte della città di Asmara viene costruita proprio in quegli anni, tra il 1936 ed il 1941, riempendosi di ville in stile coloniale. In soli cinque anni gli italiani riescono a costruire un’intera città simbolo di grandezza della politica fascista che mira ad un progetto di espansione coloniale in Africa.
I rapporti con la popolazione autoctona si basano su funzioni servili, secondo una rigida segregazione razziale. Il centro della città è totalmente riservato agli italiani. Nei loro bar, ristoranti e scuole è vietato l’ingresso agli Eritrei, che negli autobus devono sedersi nelle ultime file. Una legge proibisce i matrimoni misti e i trasgressori rischiano fino a cinque anni di carcere. Secondo un decreto del 1940, i figli di coppie miste non sono considerati italiani, per cui ancora oggi le persone considerate “meticce” spesso non hanno informazioni sulla loro identità.
Stella tuttavia può circolare liberamente nel centro di Asmara. Accompagna la bambina di cui si prende cura alla scuola italiana e alle lezioni di pianoforte ma non può entrare, deve aspettare fuori. Impara velocemente a parlare italiano e oggi ricorda con un sorriso il giorno che viene mandata a comprare la mozzarella e, non riuscendo a pronunciare bene, il droghiere pensa che voglia comprare mia sorella. Quando la piccola fa i capricci per farsi il bagno, Stella si mette con lei nella tinozza a giocare anche se la madre la rimprovera, bianchi e neri non devono stare nella stessa acqua. La signora, figlia di un macellaio, è cresciuta a Mantova e non riesce ad accettare questa mescolanza.
Intanto nel paese vengono costruite strade, ponti, ferrovie, fabbriche. Gli Italiani fanno di Asmara la più bella città dell’Africa, con viali alberati, quartieri residenziali, caffè con tavolini all’aperto e pasticcerie. Ancor oggi i bar conservano il bancone originale sul quale poggia una vecchia ma funzionante macchina del caffè. Gli arredi, le sedie e i tavoli sono gli stessi che furono importati in quegli anni.
Mussolini vuole trasformare la città, che chiama “Piccola Roma”, in una sorta di utopia urbanistica all’avanguardia per l’epoca. Per far questo chiama gli architetti italiani più visionari, che lì possono dare concretezza alle loro idee più bizzarre e audaci inventando nuove linee e forme e impiegando le ultime tecnologie.
L’edificio modernista più significativo e conosciuto di Asmara è la stazione di servizio Fiat Tagliero, considerata da molti la più bella al mondo: è un impressionante edificio in cemento che ricorda un aereo, con due ali lunghe 30 metri l’una. Fu progettata da Giuseppe Pettazzi che, si racconta, quando venne inaugurata nel 1938, si presentò con una pistola per minacciare gli operai che si rifiutavano di togliere i ponteggi alle ali per paura che crollassero; se fossero crollate, minacciava Pettazzi, si sarebbe sparato.
La capitale eritrea non è solo bella ma ben pianificata e ben costruita. Purtroppo, gli edifici non sono mai stati ristrutturati a causa della mancanza di risorse e di quello splendore oggi non restano che i segni. Tuttavia, è possibile trovare le tracce di questo passato nella struttura stessa della città: la zona dei villini dove vivevano gli italiani, in tutto il suo splendore art déco, fino alla via principale, Harnet Avenue.
Da qui si entra in quella che veniva definita la “zona mista”, quella dei mercati, dove si affiancano bancarelle di pannocchie, banane, papaye e arance ordinate sotto coperture razionaliste. Passeggiando sotto i portici del mercato delle spezie si arriva infine nella zona “indigena”, dove la città si fa più piena e vissuta. Qui sorge l’area del mercato Medebar, il gigantesco laboratorio a cielo aperto dove si ricicla tutto e non si butta via niente. Sotto i colpi di martelli, seghe e coltelli, vecchi copertoni vengono lavorati fino a diventare calzature e le lamiere vengono appiattite e modellate per formare secchi di metallo.
Asmara è anche un luogo dove il suono delle campane della cattedrale cattolica si alterna ai passi dei monaci ortodossi mentre il muezzin invita i fedeli musulmani alla preghiera, a dimostrazione dell’armonia che regna tra le tre religioni principali.
Purtroppo gli anni successivi alla guerra vedono un susseguirsi di conflitti con la vicina Etiopia che a tutt’oggi non si sono risolti. Ne consegue una diaspora senza precedenti. Negli anni ’60 e ’70 molte ragazze vengono scelte dalle famiglie italiane in virtù della precedente coabitazione e lasciano Asmara per raggiungere Roma. Tra queste c’è anche Stella. Il giorno in cui arriva in Italia, vestita di bianco, la signora che l’ha presa a servizio pensa davvero che è arrivata la sua stella e da allora qui tutti la chiamano così.
Nel luglio del 2017, Asmara è stata dichiarata sito del patrimonio mondiale dell’Unesco in quanto esempio eccezionale di urbanistica applicata in un contesto africano. Eppure la città resta cristallizzata. Volgendo lo sguardo nostalgico oltre il suo fascino retrò, ci si accorge velocemente che il paese soffre. Secondo le statistiche dell’ONU, tra i migranti che arrivano sulle nostre coste, gli Eritrei sono i più numerosi, al ritmo di 4.000 al mese.
I 30 anni di dittatura militare che sono seguiti all’indipendenza hanno annientato diritti civili e libertà di espressione (l’Eritrea si contende con la Corea del Nord l’ultimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa). Non si sono mai tenute elezioni nazionali. Vige il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato, basato su una componente militare ed una civile. Per questo nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni. I giovani scappano per non fare il servizio militare dal quale non ci sono prospettive di proscioglimento.
Le sanzioni internazionali hanno aggravato le condizioni di vita della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. L’energia elettrica è razionata, la maggior parte delle abitazioni sono prive di acqua corrente, internet inaccessibile. Mancano medicine e generi di prima necessità. La corruzione è dilagante.
Della piccola Roma non restano che i ricordi di qualche vecchio nostalgico.
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